martedì 15 novembre 2011

Un caso umano (1)

Voi ridete. Vi vedo, da quaggiù: leggiucchiate le nostre disavventure, vi fate una risata, e pensate "incredibile!..troppo forte!". Ridete, voialtri. Non capite. Si consumano drammi qui, che lasciano segni nella nostra fragile piccola  psiche. Alcuni di noi soccombono, si danno alla droga, o peggio ai tramezzini di mezzanotte trangugiati con aria colpevole davanti al frigor aperto, non appena il proprio partner si addormenta. Altri, ancora più soli, guardano se stessi nello specchio del bagno, chiedendo al proprio riflesso: "Perchè? Perchè Io??" Ma il riflesso crudele mica risponde, si copre solo il volto con le mani, e singhiozza. Alcuni rimediano ai propri traumi scindendo la propria personalità. Creano personaggi fittizzi per ogni ruolo che la vita impone: marito/moglie, padre/madre, centralinista/psicologo, night auditor/blogger, addetto al ricevimento/esperto di cinema-
Ecco. Nel caso pensiate che tutta questa filippica sia pura retorica, melenso lamento ingiustificato ("ma si, come la metti pesante..anche a me a lavoro capitano di ogni..capirai!") vi propongo una testimonianza. Proprio così: la testimonianza di una di noi che ha affrontato tutto questo e che ora cerca di lenire la propria sofferenza. Ella ha iniziato un percorso di riabilitazione che, si spera, le permetta di vivere una vita il più normale possibile, nonostante abbia svolto e svolga tuttora questo sporco lavoro: ma qualcuno dovrà pur farlo, no? Ecco, coraggiosamente lei affronta i nostri microfoni e ci racconta la sua storia. Per ringraziarla della sua disponibilità e per non causarle ulteriori sofferenze, abbiamo deciso di proteggere la sua identità: La seguente intervista verrà quindi rilasciata in forma anonima. (Sei contenta Luenji? Così nessuno capirà che sei tu!...)

TheNesT: Grazie della tua disponibilità. Raccontaci la tua storia.
Anonima: E' successo tutto un normale lunedì mattina, a inizio turno. Tutto sembrava procedere normalmente, la Hall si affollava lentamente di persone pronte a partire, o che aspettavano i colleghi che ancora indugiavano nella sala colazioni. Poi si presentò lui: un uomo normale, forse persino un tantino insignificante. Era in partenza, quindi applicai la normale procedura di check-out:

-Buon giorno Signore! E' in partenza?
-Si..mi prepari il conto, grazie.
-Certamente. Il suo numero di camera?
-Camera n° xxx.
-Ecco qui. Lei deve pagare solo gli extra. Ha consumato qualcosa dal frigobar?
-No.
-Bene. Mi risulta solo la visione di un film..sono €--...
-Ecco, io volevo fare un'osservazione..

Come ben sai, le osservazioni dei clienti non sono mai osservazioni. Sono come i dardi al curaro degli indios amazzonici, ti avvelenano, ti stordiscono, ti fanno chiedere chi sei, dove vai,  qual'è il senso della vita, dell'universo e di tutte le cose (che come tutti sanno, è 42), che ci fai qui, perché stai ascoltando il benedetto cretino che ti dice

-..io volevo fare un'osservazione..

e se la tua psiche non ha costruito ancora una "fortezza della solitudine" in cui dare rifugio al proprio Io, beh, sei fritto.

TheNesT: Ti capisco Luenji. Prosegui pure.
Anonima: Ecco, io (a proposito, ma io non dovevo essere anonima?) che questa fortezza ancora non l'avevo costruita, fui costretta ad ascoltare la sua osservazione. Fu la fine.

...continua


(Immagine tratta dallo stupenderrimo blogcomic: http://shockdom.com/open/thesparker/ )

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