sabato 19 gennaio 2013

Amore che vieni, amore che vai..

-"Ma com'è fare la notte di sabato in hotel?"

Le sere del sabato può capitare che passino così. Sulla strada si affollano i rumori delle macchine, e i locali del centro sicuramente pullulano di persone. Sicuramente. Io personalmente non riesco a saperlo (sto lavorando), ma sono sicuro che sia così. Lentamente, col passare delle ore, inizia l'andarivieni in hotel. La tv  nella hall è accesa e fa risuonare la replica di una partita di coppa fino al banco del ricevimento. Nonostante il volume alto però, i nostri clienti si fanno sentire, quindi anch'io, come Amelie, riesco a pormi interrogativi sciocchi e a dare loro risposta.



Ha ragione. Anche a me a occhio e croce viene quindici. Metà però, finge. Intanto altre persone entrano e salutano, altre escono e salutano. Altre invece no, di salutare non se ne parla. Non importa. In fondo il mio lavoro consiste nel far sì che i clienti accedano alle camere nel minor tempo (diciamo che hanno una certa fretta), e nel farli uscire nel modo più discreto possibile. Pochi secondi solamente per registrarne l'ingresso, così pochi che spesso bastano a malapena per imprimere i loro volti nella mia memoria. Quando escono qualche ora più tardi, spesso non li riconosco nemmeno, se non per la chiave col numero di camera impresso sopra che mi consegnano prima di pagare il conto e andare via. Qualche volta, però, non va così.

Ore 23:35

Entra un cinquantenne con cui il Tempo non è stato gentiluomo, e che sembra avere una certa fretta.

-"Buona sera, in cosa posso aiutarla?"
-"Si...una camera...un'ora, magari due..."
-"Certo. Posso avere i vostri documenti?"

Ore 23:37

Il nostro cliente entra in camera, come evidenziato dall'attivazione della camera nel sistema. Io procedo alla registrazione dei dati nel gestionale, procedura che mi porta via solo un paio di minuti, e ne approfitto per dare un'occhiata alle prenotazioni di domani. Lavoro semplice, e piuttosto veloce anche questo. Una volta finito, mi alzo dalla sedia stiracchiando le braccia all'insù, pensando che adesso ci vorrebbe un bel caffè. Pensiero che però si scontra contro il viso del nostro cinquantenne di cui sopra, che tiene in mano la chiave della camera e mi fissa con occhio vacuo.

-"Mi dica: c'è qualche problema con la camera?"
-"Problema? No. Vorrei pagare."

Con tutta la professionale indifferenza di cui sono capace butto un occhio all'orologio del computer, intanto che preparo il conto. Stento a crederci.

Sono le 23:49

Fuori dalla porta l'aspetta la sua..beh, ecco...accompagnatrice...seduta sul sedile del passeggero di una Mercedes grigia, con il motore accesso e le quattro frecce lampeggianti. La Mercedes, dico. Non l'accompagnatrice. Che ne ho viste di appariscenti, ma mai con i lampeggianti. Le accompagnatrici, intendo stavolta. Nella mia mente cerco di realizzare il tempo che gli è stato necessario per:

  1. entrare in camera
  2. chiudere la porta
  3. capire dove si trova la luce
  4. svestirsi
  5. procedere con l'ottemperamento  del contratto verbale accordato prima di entrare in Hotel (Suvvia, avete capito!)
  6. lavarsi (ma questo è optional)
  7. rivestirsi
  8. spegnere la luce
  9. uscire dalla stanza
Mi risultano nove operazioni in dodici minuti, escludendo il tempo di parcheggiare la macchina.Una media di un minuto e mezzo circa per operazione. Sono perplesso, mentre gli consegno la ricevuta. Forse lui nota qualcosa sul mio volto, o semplicemente intuisce i miei pensieri, date le circostanze. Con malcelato rammarico, si giustifica:

-"Sa, sono stato chiamato...un'emergenza..."

Ma lo dice con una mancanza di convinzione tale da non riuscire a celare una nota di tristezza nella voce.

-"Oh. Capisco"

Volevo dirgli che mi dispiace. Davvero.

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