"Perché scrivi questo blog?"
Questo blog è nato quasi due anni fa, sulla scia dell'entusiasmo nel voler raccontare e condividere le gioie di un lavoro, il mio, che almeno nei suoi dettagli, resta sconosciuto ai più.
Ahahah! Non è vero!
E ve lo posso provare, citando esattamente il primo post che ho scritto su questo dominio:
"Il perché della creazione di questo blog credo sia piuttosto chiaro: Perché si. Provate a chiedere a dio perché ha creato il mondo, e lui vi risponderà più o meno allo stesso modo. Davvero. Ciononostante, data la mia generale propensione alla discussione costruttiva (non è vero!) ed alle spiegazioni esaustive (ancora meno!) e saccenti (..questo invece si..), eccovi una minuscola sinossi delle ragioni per cui sono qui. A parte perdere tempo, si capisce."
Come vedete, avevo le idee piuttosto chiare. Eppure, arrivato a questo punto sento la necessità di spiegare a me stesso e agli altri il perché dell'esistenza di questo blog. Ed il motivo è semplice: Terapia. Come molti di voi, anche nel mio lavoro esistono motivi di lagnanze e di vero e proprio stress, e la prova sta nel semplice fatto statistico che nessuno tra i miei colleghi intorno al globo è davvero normale. Certo, nessuno è davvero normale, in questo mondo. Ma nel piccolo mondo degli operatori turistici la normalità assume i contorni di una perversione. Insomma, che ti serve? Il Weekend libero? E perché mai, che è così bello lavorare quando nessun altro lavora. La serata libera? E cosa vorresti fare, uscire con gli amici? Tu di amici non ne hai, caro il mio addetto al ricevimento. Quelli che chiami amici sono i sopravvissuti alle sventure della vita, sono i disperati che come te non hanno fatto carriera, non hanno avuto alcuna crescita professionale, oppure hanno messo la testa a posto: si sono sposati, hanno messo su famiglia, e si barcamenano dignitosamente tra figli, moglie e amante. Insomma, quelli che chiami amici, sono come te. Degli sfigati. Che per inciso - non ci avevi mai davvero fatto caso? - fanno il tuo stesso lavoro. Chapeau.
Eh, si. Perché l'addetto al ricevimento medio è single, oppure divorziato. E come dar torto alle ex fidanzate, alle ex mogli, che per le poche ore che possono condividere con te ti vorrebbero allegro e affascinante, energico, intraprendente, vivace. O almeno vivo. E invece tu alla fine del tuo turno sei uno straccio, con i segni vitali di un cucciolo di foca morto da tre giorni e un inevitabile senso di jetlag perennemente addosso.
Non è una vita emozionantissima.
E allora proviamo a ravvivarla evidenziando a note fluorescenti gli episodi più sconcertanti a cui invariabilmente andiamo incontro, aggrappati al bancone del ricevimento come una volta le polene a forma di sirena sulla prua delle navi, faccia al vento e avanguardia contro le onde dell'immenso mare dell'umanità che, almeno una volta nella vita, mete un piede in hotel.
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